La teologia del cinghiale. Trama e recensione

Amate i gialli? Le storie d’amicizia? La Sardegna? Beh, questo romanzo dal titolo “La teologia del cinghiale“, edito da Elliot, non deluderà le vostre aspettative. L’ho trovato gustoso, coinvolgente e molto divertente.
L’autore Gesuino Némus ha saputo raccontare, in un piccolo paese sardo alla fine degli anni ’60, una particolarissima amicizia tra due bambini, messa alla prova dagli eventi, dalle persone, dalle indagini dei carabinieri e soprattutto da loro stessi.

TRAMA

Nel paese di nome Telévras, ancora solo sfiorato dal boom economico che in quegli anni investiva l’Italia cambiando per sempre le abitudini di tutti, vive una comunità di uomini e di donne
Tra questi c’è il parroco, don Cossu, un gesuita che è l’anima più carismatica del paese. Nella sua parrocchia vivono la giovane perpetua Matilde e due bambini: Matteo, talentuoso e risoluto e Gesuino, timido e riservato. I due bambini passano la maggior parte del tempo in chiesa, insieme al prete e a Matilde. Matteo è appassionato di musica mentre Gesuino, che è balbuziente, si impegna a scrivere “libri che durano un giorno” ovvero piccoli brani che don Cossu promette di far pubblicare.
Il piccolo paese è sconvolto da il ritrovamento del cadavere di Bachisio Trudìnu, padre Matteo. Da quel momento quasi tutti i protagonisti vivranno nella smania di trovare il colpevole.

Recensione

Leggere questo romanzo La teologia del cinghiale è stato gustoso sia per i numerosi dialoghi e brani in sardo che per lo stile dello scrittore. Il punto di vista non è mai univoco. Si legge quello di don Cossu attraverso le pagine del suo diario, quello di Gesuino, del giornalista del “Continente” sbarcato in Sardegna per un documentario, si seguono le indagini del maresciallo De Stefani e del carabiniere Piras. Ognuno di loro ha una visione di ciò che è successo e da ognuno il lettore può ricavare tutto il necessario per scoprire il colpevole.

Al centro del romanzo vi è senz’altro la profonda amicizia che lega i due ragazzini Matteo e Gesuino, fatta di silenzi e da un’intesa unica. Si ritrova la semplicità dei rapporti che si hanno da piccoli, le consapevolezze ingenue, i linguaggi che facevano da scudo al mondo degli adulti.

Bellissima è la figura del prete don Cossu; sembra di vederlo camminare in paese con la sua tunica sempre indaffarato con i bambini al seguito. Splendido anche il ritratto della Sardegna con le sue tradizioni, i silenzi e il rapporto unico con la natura.

Insomma una lettura assolutamente consigliata.