L’isola del giorno prima di Umberto Eco


FullSizeRenderMi sono immerso nella lettura de L’isola del giorno prima per poco meno di un mese e devo ammettere di essere stato molto fortunato a leggere questo romanzo. Dopo aver concluso La Certosa di Parma di Stendhal istintivamente mi sono messo alla ricerca di un libro “leggero”, dato lo spessore del capolavoro dello scrittore francese. E invece ho trovato fortunosamente questo romanzo di Umberto Eco che, pagina dopo pagina, mi ha veramente coinvolto. Di Eco ho letto precedentemente Il Nome della Rosa e Il cimitero di Praga; troppo poco per potermi definire un vero intenditore del suo stile e della sua narrativa.

L’isola del giorno prima però l’ho trovato un romanzo molto avvincente, capace di farti immergere nella vicenda, dimenticando chi sei, dove vivi e cosa sei stato. Dopo aver letto le 473 pagine che lo compongono non solo ho imparato moltissimo su un’epoca (diciassettesimo secolo) densa di interrogativi e sguardi rivolti al di là della realtà tangibile, ma pagina dopo pagina ho avuto la sensazione di vivere sulla mia pelle le avventure capitate al protagonista Roberto.

Roberto de la Grive, tra luglio e agosto del 1643, dopo un naufragio vaga per il mare aggrappato ad una tavola. Finisce per salire su una nave, la Daphne, ancorata a un miglio di distanza da un’isola. La nave appare senza equipaggio e Roberto esplorandola trova a bordo viveri, animali e piante esotiche, ma anche oggetti apparentemente misteriosi. Da solo sulla nave inizia a scrivere le sue memorie e il tempo del romanzo si sdoppia con Roberto che racconta la sua storia fino all’arrivo sulla nave.  Scrive della sua giovinezza, di un suo fratello Ferrante tenuto nascosto dai suoi genitori e della battaglia di Casale Monferrato, nella quale ha combattuto e ha visto morire eroicamente (?) suo padre. Poi narra della sua vita a Parigi, dell’amore per una donna di nome Lilia, e dei contatti con pensatori e filosofi del tempo, che interpretavano la realtà e ciò che c’è oltre di essa liberamente, sfidando il pensiero cristiano dominante. Proprio a causa delle sue frequentazioni viene segnalato al cardinale Richelieu e Mazarino. Viene condannato a morte ma Mazarino gli propone di imbarcarsi su una nave, l’Amarilli, e lavorare come spia per i francesi per acquisire informazioni importanti sulla ricerca del punto fijo, ovvero dell’antimeridiano di Greenwich. In quel periodo era aspra la lotta tra gli stati per trovare con esattezza il punto fijo, dato che spesso non si ritrovavano sulle mappe nuove isole e territori appena scoperti. Se Roberto avesse ottenuto tali informazioni avrebbe ottenuto la grazia. Ma è a causa del naufragio dell’Amarilli che si ritrova sulla Daphne e, poco dopo, scoprirà di non essere solo a bordo. Dopo aver sospettato a lungo la presenza di qualcuno sulla nave si imbatte in un anziano gesuita, padre Caspar. Grazie al suo racconto apprende che la Daphne stava navigando alla ricerca delle Isole di Salomone. Erano giunti nei pressi dell’Australia e lì la nave si era fermata nella baia; davanti vi era un’isola che per la sua posizione al di là del meridiano aveva uno scarto di 24 ore rispetto al punto in cui si trovava la nave. L’equipaggio era fuggito dalla nave, temendo il contagio dopo che la puntura di un insetto aveva ridotto in fin di vita padre Caspar, ed era stato sterminato sull’isola dagli indigeni. Insieme al gesuita Roberto inizia lunghe disquisizioni filosofiche e morali e condivide la voglia di misurare la longitudine dalla terraferma. Il gesuita gli confida che esiste uno strumento in grado di farlo, la Specola Melitense, che era stata montata sull’isola, così Roberto passa le giornate ad imparare a nuotare per raggiungere la terraferma e prendere lo strumento. Padre Caspar si avventura verso l’isola, sfruttando un macchinario di sua invenzione che gli permette di immergersi in acqua e “camminare” sul fondale, ma non riesce a riemergere.

Ma certo, padre Caspar glielo aveva ben detto, l’Isola che egli vedeva davanti a sé non era l’Isola di oggi, bensì quella di ieri. Al di là del meridiano c’era ancora il giorno prima! Poteva ora attendersi di vedere ora su quella spiaggia, che era ancora ieri, una persona che era scesa in acqua oggi? Certamente no. Il vecchio si era immerso nel primo mattino di quel lunedì, ma se sulla nave era lunedì su quell’Isola era ancora domenica, e quindi egli avrebbe potuto vedere il vecchio che vi approdava solo verso il mattino del suo domani, quando sull’Isola fosse, appena allora, lunedì…

Roberto resta definitivamente solo sulla Daphne.  In solitudine decide di scrivere un romanzo in cui immagina la vicenda di Ferrante e di Lilia dopo la sua partenza sull’Amarilli. Si sviluppa così un romanzo nel romanzo, in cui Roberto immagina il fratello spia e faccendiere spudorato, capace di cimentarsi in svariati intrighi. Secondo il romanzo Ferrante decide di partire, a bordo della Tweed Daphne (su cui si trova anche Lilia), per rintracciare e uccidere Roberto, impossessandosi del segreto del punto fijo. Vittima di un ammutinamento Ferrante sarà ucciso e finirà in un’isola-inferno, mentre Lilia sbarcherà nei pressi delle Isole Salomone, nella parte opposta al punto in cui è ancorata la Daphne. Roberto, ormai solo in una nave in rovina, decide di avventurarsi a nuoto per raggiungere la sua amata il giorno prima del suo arrivo, che avverrà secondo la sua immaginazione sull’isola che si estende davanti alla nave.

un quadro che rappresenta lo sbarco di nave pirata all'isola del Cocco

D’altra parte, per quanto tempo non sono stato, e per quanto non sarò più! Occupo uno spazio ben piccolo nell’abisso degli anni. Questo piccolo intervallo non riesce a distinguermi dal niente in cui dovrò andare. Non sono venuto al mondo che per far numero. La mia parte è stata così piccola che, anche se fosse rimasto dietro alle quinte, tutti avrebbero detto lo stesso che la commedia era perfetta. È come in una tempesta: gli uni annegano subito, altri si spezzano contro uno scoglio, altri rimangono sul legno abbandonato, ma non per molto anch’essi. La vita si spegne da sola, come una candela che ha consumato la sua materia. E ci si dovrebbe essere abituati, perché come una candela abbiamo cominciato a disperdere atomi sin dal primo momento che ci siamo accesi. (L’Isola del giorno prima, pag.431)